HAUTE COUTURE - DAY 2

Parlare di haute couture è come parlare di un'opera d'arte: può piacere, come può non piacere, può farti emozionare o arricciare...


Parlare di haute couture è come parlare di un'opera d'arte: può piacere, come può non piacere, può farti emozionare o arricciare il naso, può farti vivere una meravigliosa fantasia oppure rimanere annoiato con i piedi ben saldi a terra ma è assolutamente innegabile la sua unicità, la sua appartenenza ad un "livello superiore" rispetto a tutto ciò che hai visto fin ora. I capi presentati durante questi giorni infatti, non hanno niente a che vedere con quelli che vediamo aggraziare le passerelle durante le sfilate di prêt-à-porter e questo non è dato dal banale (ma pur sempre presente) fatto che al mondo sono pochissime le donne che effettivamente possono vantarsi di possederne uno, ma piuttosto dalla loro unicità, dai loro tessuti preziosi, dalla loro lavorazione impeccabile e minuziosa e soprattutto dalla sempre presente sensazione che mentre li guardi sfilare sulla passerella stai avendo la possibilità di sbirciare nella mente e nella fantasia di quel demiurgo della moda che è lo stilista. Ogni collezione presentata è un mondo a sé stante, che non ha altro scopo che dare libero sfogo alla creatività e alla voglia di sperimentare dello stilista il quale è tenuto a mantenere fede ad un unico obbiettivo: l'eccellenza. Anche se sono in molti quelli che ritengono che l'haute couture sia superata, che i capi presentati durante le sfilate di prêt-à-porter abbiano ormai raggiunto un livello di eccellenza pari a quella dell'alta moda, questo appuntamento con la creatività folle e meravigliosa dei stilisti/artisti continua imperterrito regalandoci ogni volta delle piccole grani opere d'arte.
In questa seconda giornata di haute couture hanno presentato le loro collezioni Chanel, Bouchra Jarrar, Ulyana Sergeenko, Vionnet e Armani Privé



Chanel



"Joie de vivre", gioia di vivere, ecco quello che le modelle di Chanel sembravano esprimere mentre scendevano saltellando i gradini dell'imponente scalinata posta all'interno del Grand Palais per l'occasione. Saranno state le pettinature trasandate, il trucco vivace, la mancanza di qualsiasi accessorio inutile e ingombrante oppure, chissà, la confortevole sicurezza che deriva dall'essere ben piantate a terra, senza il timore ad ogni passo di poter inciampare in tacchi impossibilmente alti a rendere le "ragazze di Karl" così felici e a strappare alla maggior parte di loro un sorriso (cosa più unica che rara per le modelle d'oggi). Specchio di questa gioia delle modelle erano gli abiti, chiaramente ispirati al mondo dello sport e portatori di una freschezza e insieme sofisticatezza che spesso non ci è data di vedere nell'haute couture. Grazie all'uso sapiente dei tradizionali materiali della maison, Lagerfeld ha reso couture le gonne da tennis, i body da ginnastica, i marsupi ma soprattutto le sneakers, protagoniste indiscusse della sfilata, riuscendo in una missione che prima di lui sarebbe apparsa impossibile.

Bouchra Jarrar


Fin dalla sua prima sfilata di haute couture nel 2010, Bouchra Jarrar ha sempre voluto mettere in chiaro una cosa: la sua è una couture da giorno. Così come in quella dello scorso luglio anche in questa collezione sono i pantaloni, realizzati con l'immacolata precisione che solo un couturier ha, a farla da padrona accompagnandosi a giacche e gilet dal taglio squadrato e irregolare che contribuiscono a dare al look un aria decisa e mascolina. Anche se sporadici, perchè "una donna è più elegante indossando pantaloni", i pochi vestiti fluttuanti contribuiscono a spezzare il ritmo severo della collezione, controbilanciando la pesantezza di pelle, piume e cerniere con l'incontaminata leggerezza dello chiffon e dando respiro all'intera collezione.

Ulyana Sergeenko


Anni '30 sull'Orient Express, ecco dove ci porta la collezione presentata oggi dalla russa Ulyana Sergeenko aggiuntasi all'esclusivo club dell'haute couture solo due anni fa. Non limitandosi a riprendere semplicemente l'atmosfera, Sergeenko è decisa a raccontare una storia, la storia di una donna che si trova a viaggiare su quel favoloso treno che per anni è stato sinonimo indiscusso di lusso ed eleganza. Ed ecco che sulla passerella compaiono valigette, vestaglie svolazzanti, pigiami, abiti da giorno, da camera e da sera, l'intero corredo che una donna di quell'epoca avrebbe effettivamente posseduto. Onnipresente nelle collezioni della stilista è la sua madrepatria, la Russia, che qui compare non solo nelle fantasie dei tessuti ma anche nella realizzazione degli stessi in quanto, come Ulyana Sergeenko ci tiene a precisare, sono stati tutti dipinti dalle mani esperte delle sarte russe e kazake. Quello che assolutamente non manca in questa e in tutte le sue altre sfilate è l'amore per la teatralità che così tanto ci ricorda lo stesso amore che solo qualche anno fa era il cuore delle collezioni realizzate da Jhon Galliano per Dior ma i tempi sono cambiati, l'haute couture non è la stessa di tre anni fa (ne sono una prova le innovative creazioni presentate da Simons e Lagerfeld) e questa collezione, seppur dotata di un'elevatissima qualità, sembra già essere qualcosa di passato.    

Vionnet


La recensione verrà postata a breve.

Armani Privé


Guardando questa collezione si può, senza ombra di dubbio, affermare che il suo artefice sia Giorgio Armani. Tutto, infatti, dalle giacche da tuxedo portate con lunghe gonne o ampi pantaloni agli abiti da sera che brillavano di luce propria , corrispondeva a quello che ci si potrebbe aspettare da "re Giorgio" ma forse proprio qui sta il problema. Negli ultimi anni è sempre più forte l'impressione che questo indubbiamente grande stilista sia ormai giunto al capolinea della sua lunga carriera e che le sue collezioni non siano altro che una riproposizione, con qualche variante, dello stesso tema. In questo caso la variante era data dal sapore etnico suggeritoci tramite l'uso di foulard come eleganti copricapo, gioielli dal sapore tribale e ricami e decorazioni che richiamavano l'antica bisanzio e che sono valse alla collezione il nome "Nomade". Tutto questo però non basta a trasportare lo spettatore in una di quelle magiche notti d'oriente come lo stilista avrebbe voluto.






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